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Concludiamo il ciclo di approfondimenti sul tema delle banche dati del credito (per visionare l’articolo sulla CR clicca qui; per l’articolo sui SIC clicca qui e sui casi di segnalazione illegittima, qui) affrontando ora il tema della risarcibilità del danno da illegittima segnalazione. Accade, infatti, di frequente che in conseguenza di una segnalazione illegittima il soggetto si trovi ad affrontare conseguenze negative. Si pensi ai casi in cui, in conseguenza di una segnalazione a sofferenza effettuata al di fuori dei casi previsti dalla legge, un soggetto si veda negato un finanziamento, subisca la chiusura di altre linee di credito aperte presso differenti Aziende Bancarie o si veda rifiutare l’apertura di un nuovo c/c. Le predette conseguenze non generano, però un risarcimento del danno in re ipsa; il soggetto danneggiato dovrà, in altri termini, provare rigorosamente, oltre al presupposto della propria pretesa anche il pregiudizio subito in concreto. A tale proposito segnaliamo come il primo ostacolo da affrontare per l’ottenimento del risarcimento sia di carattere probatorio. Il soggetto richiedente si troverà, infatti, nelle condizioni di provare il nesso di causalità tra il pregiudizio subito e la condotta dell’intermediario che abbia effettuato l’illegittima segnalazione. Dovrà, ad esempio, dimostrare che non gli è stato concesso il mutuo per l’acquisto di un determinato immobile solo a cagione dell’esistenza di una segnalazione pregiudizievole in CR o nei SIC. Sappiamo che la fase istruttoria di ogni linea di credito è complessa e comporta, oltre all’analisi delle referenze creditizie (sulla portata del termine referenza creditizia vedi qui) anche una serie di altri fattori, quali la capacità reddituale (ossia la possibilità di effettuare, con il proprio reddito, il rimborso del rateo del finanziamento richiesto) oltre che il rapporto tra importo richiesto ed il valore del bene da acquistare, la regolarità urbanistica di quest’ultimo ed altri parametri. Ne consegue che non sempre, dall’analisi del diniego del finanziamento è possibile evincere che lo stesso è dipeso dall’esistenza della segnalazione pregiudizievole; spesso, infatti, la spiegazione viene data verbalmente. In tal caso, al fine di evitare di affrontare un giudizio sulla base di prove testimoniali (che, anche in considerazione della durata media di un processo civile, non paiono idonee ad assicurare una efficace tutela) sarà opportuno che il soggetto richieda un dettaglio dell’eventuale rifiuto. Va da sè che il siffatto problema si porrà anche nel caso in cui la segnalazione illegittima comporti la revoca di altri affidamenti in essere con altre Aziende di credito; anche il tal caso è necessario, ai fini della prova giudiziale dell’esistenza del pregiudizio, che si richieda un dettaglio delle motivazioni. Tali richieste, peraltro, non sempre sono di semplice ottenimento. Ed allora troveranno applicazione, anche in questo caso, i più volte richiamati principi di correttezza e buona fede che devono essere applicati da ogni Azienda di credito nell’ambito di ogni rapporto contrattuale. Sul punto si è espresso anche l’Arbitro bancario e Finanziario che - in conformità con la Comunicazione della Banca d’Italia del 22 ottobre 2007 - ha espressamente riconosciuto il diritto del cliente a conoscere le ragioni del diniego espresso dalla banca (v. sul punto Collegio Coordinamento ABF n. 6182/2013; Cass. Civ. n. 349/2013). Anche ai sensi della normativa sulla Privacy il cliente che abbia fatto richiesta di una linea di credito e che abbia ricevuto un diniego, ha diritto ad accedere ad ogni documento relativo alla propria posizione. In sostanza la richiesta di risarcimento del danno incontra, da parte della giurisprudenza un atteggiamento di rigore, precisamente espresso nella Sentenza della Corte di Cassazione 1931/2017, in base alla quale ha già avuto modo di chiarire che ai fini probatori non è sufficiente fornire la prova delle linee guida adottate dalla banca nel concedere finanziamenti ma occorrerà altresì dimostrare come si siano concretamente svolti i fatti nella fattispecie oggetto del giudizio. Quanto sopra riguarda l’An debeatur. Quale tipo di prova richiede, invece la quantificazione del danno? Sul punto ovviamente non è possibile fornire delle risposte precise in quanto ogni danno andrà valutato in re ipsa. Si possono, peraltro ipotizzare alcuni scenari che soggiaceranno, peraltro, al principio dell’onere probatorio in base al quale actore non probante reo absolvitur. Poniamo il caso del diniego di un mutuo in conseguenza dell’illegittima segnalazione: Tizio stipula un contratto preliminare di compravendita di un immobile; versa un acconto ed è tenuto a saldare il residuo prezzo al momento del rogito ma ha la necessità di ottenere un mutuo per avere la disponibilità della predetta somma. Laddove, in conseguenza dell’illegittima segnalazione dovesse subire la risoluzione del preliminare con conseguente perdita dell’acconto versato, egli subirà una serie di danni, quali, per rimanere nell’esempio, la perdita dell’acconto, la perdita di chance di acquistare l’immobile, l’eventuale differenza di prezzo per l’acquisto di altro immobile dopo la cessazione della illegittima segnalazione e così via. Può essere, in astratto, configurabile anche un danno non patrimoniale. Si pensi al caso di un imprenditore che subisca una segnalazione illegittima e venga leso anche nella propria reputazione commerciale personale e commerciale del soggetto, qualificabile come un vero e proprio diritto della personalità come tale costituzionalmente garantito ai sensi dell’art. 2 della Cost. Astrattamente configurabile (con i ben noti limiti), anche il danno morale, quale altra voce di danno non patrimoniale. Sul punto la Cassazione ha più volte chiarito che tale danno può essere subito (e di conseguenza anche risarcito) oltre che dalla persona fisica dalla persona giuridica. Sul punto richiamiamo il principio in base al quale “anche nei confronti dell'ente collettivo è configurabile la risarcibilità del danno non patrimoniale intesa come qualsiasi conseguenza pregiudizievole di un illecito che, non prestandosi ad una valutazione monetaria basata su criteri di mercato, non possa essere oggetto di risarcimento ma di riparazione: allorquando, cioè, il fatto lesivo incida su di una situazione giuridica dell'ente che sia equivalente ai diritti fondamentali della persona umana garantiti dalla costituzione” (Cass. Civ. n. 15609/2014; Cass. Civ. n. 22396/2013; Cass. Civ. n. 29185/208; Cass. Civ. n. 12929/2007). Circa la quantificazione del danno non patrimoniale, infine, è dato rilevare che lo stesso dovrà essere liquidato dal Giudice in via equitativa, sulla base di un giudizio che terrà conto delle peculiarità del caso concreto nonché della esistenza o meno di una o più delle componenti del danno non patrimoniale sopra illustrate (danno alla reputazione personale e commerciale, danno morale). I commenti sono chiusi.
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